Omaggio a Raffaello Sanzio, il principe delle arti

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Il 6 aprile 2020, purtroppo in un momento storico in cui il mondo è con il fiato sospeso a causa del Covid-19 e attende di tornare alla normalità, ricorre il cinquecentenario dalla morte di Raffaello Sanzio, il principe delle arti, nato e cresciuto a Urbino, che da secoli incanta intere generazioni per la perfezione, delicatezza e purezza delle sue opere. Egli morendo, secondo il Vasari, di Venerdì Santo per una “febbre continua ed acuta”, fu rapito al mondo nel fiore degli anni, lasciando un’offerta pittorica prodigiosa che trova nella Stanza della Segnatura dei Musei Vaticani una travolgente creatività senza tempo e la testimonianza di una fortissima connessione tra arte e scienza e, in particolare, con l’astronomia.

Infatti, nell’affresco “La Scuola di Atene”, un’opera che segna la storia dell’arte universale, l’artista urbinate posiziona il suo autoritratto tra gli scienziati ai quali la sua epoca si ispirava: Zoroastro con in mano una sfera celeste e Tolomeo con il globo terracqueo. Non dimentica neanche il contributo delle donne alle materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), concetto a cui lo stesso Raffaello affida nella “Scuola di Atene” un ruolo di primo piano attraverso la figura che molti identificano come Ipazia, speculare rispetto al suo autoritratto posizionato tra gli scienziati: la matematica, astronoma, simbolo di scienza e del libero pensiero che guarda attenta verso l’osservatore di ogni tempo. E d’obbligo ricordarla in un anno, il 2020, che ha visto il 24 febbraio scorso la scomparsa di Katherine Johnson, talento della matematica, colei che calcolò la traiettoria per la missione dello sbarco sulla Luna dell’Apollo 11 del 1969, Luna che lo stesso Raffaello ha reso protagonista ai Musei Vaticani nella scena in notturna, capolavoro di ogni tempo, in “La Liberazione di San Pietro”.

Con il “Primo Moto” Raffaello riserva inoltre un ruolo di primo piano all’astronomia, a significare l’origine delle cose: con questa opera avviò la decorazione della volta delle Stanze Vaticane. L’artista ne celebra la potenza della meccanica celeste, affidandole un compito decorativo accanto alla figura allegorica della filosofia.

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